LA RIDOTTA CREDIBILITÀ DI UNA POLITICA DEBOLE

Le accuse che vengono mosse a D’Alema sono ovviamente molto gravi. Partiamo però dal (possibile, non certo) assunto che i fatti che gli si imputano siano reali – avrebbe fatto da intermediario in una transazione commerciale venendo (legittimamente) retribuito – ma non configurino alcun reato. Ecco, anche in quel caso rimarrebbe una colossale questione politica. Ossia un’ulteriore evidenza di quanto debole sia la politica oggi e di come siano quindi saltati tutti i perimetri che sarebbero indispensabili per una sua azione efficace fondata su una credibilità che invece anche per questo è largamente venuta meno. Il D’Alema mediatore, lo Schroeder di Gazprom, il Blair cantore dei diritti umani e della democracy promotion che fa il consulente per oscene autocrazie, l’Hunter Biden che cerca di sfruttare il babbo vice-Presidente: di esempi, pur nella loro diversità, ve ne sono fin che vogliamo. In un contesto in cui saltano i confini tra controllori e controllati, e si costruiscono lucrose carriere post-politiche (o extra-politiche) basate non su competenze ma su conoscenze: offrendo relazioni e influenze (anche su questo Kissinger è stato maestro, con la sua opacissima Kissinger Associates). È, si diceva, una politica debole e in larga misura delegittimata, questa. In un contesto in cui i poteri si mescolano e sovrappongono (in una certa misura lo si vede anche nei giornalisti che si candidano a cariche elettive e magari poi tornano a fare i giornalisti, a proposito di controllori e controllati). Una politica in cui un Senatore in carica può fare impunemente propaganda retribuita per un altro Stato (il caso, straordinario, di Matteo Renzi). E dove esempi come quelli del buon Truman o, in tempi più recenti, di Jimmy Carter paiono ahimè divenire sempre più delle eccezioni. E si finisce per ritrovarsi con Donald Trump alla Casa Bianca

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Di Mario Del Pero

Professore di Storia Internazionale e di Storia degli Stati Uniti all'Institut d'études politiques - SciencesPo di Parigi

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