Trump ha annunciato di aver ricevuto una notifica – una “target letter” – da parte del procuratore speciale, Jack Smith, che indaga, tra l’altro, sull’assalto al Congresso del 6 gennaio. Il documento serve per informare il destinatario che è oggetto di un’indagine, in questo caso federale, e quasi sempre prelude ad un’incriminazione. Sarebbe, per l’ex Presidente, la terza dopo quelle relative al caso dei documenti classificati non restituiti (sempre da parte di Smith) e ai pagamenti all’ex pornostar Stormy Daniels (da parte invece del procuratore di Manhattan Alvin Bragg). Un altro filone d’indagine relativo al tentativo di alterare il risultato elettorale della Georgia dovrebbe essere prossimo alla conclusione e alte sembrano essere le possibilità che anche lì si giunga all’incriminazione di Trump.
Da un punto di vista legale, questa è forse l’indagine più importante e complessa in corso sull’ex Presidente. Provarne la responsabilità diretta rispetto al violento assalto al Congresso del 6 gennaio sarà estremamente difficile, a dispetto dell’azione che Trump promosse nelle settimane successive al voto del novembre del 2020, rifiutando di riconoscerne il risultato, cercando attivamente d’impedirne la certificazione e alimentando una narrazione – quella della “vittoria rubata” – falsa ma destinata a sedimentarsi nell’immaginario di molti elettori repubblicani. Un conto è dimostrare che Trump possedeva illegalmente documenti che dovevano stare agli archivi nazionali o che falsificava i libri contabili per pagare il silenzio di Stormy Daniels, un altro è stabilire una causalità tra i suoi atti e parole e le violenze del 6 gennaio 2021. E però la posta in palio in questo filone d’inchiesta è ben più alta e rilevante, che qui si accusa un ex Presidente di avere attentato alla democrazia degli Stati Uniti.
Le implicazioni politiche e, in prospettiva 2024, elettorali sembrano seguire il canovaccio già visto nelle precedenti inchieste. Con Trump saldamente avanti nei sondaggi per le primarie e un’opinione pubblica conservatrice largamente schierata al suo fianco, i leader repubblicani fanno nella quasi totalità quadrato attorno al Presidente. Vi sono sì delle eccezioni, come l’ex governatore del New Jersey e candidato alle primarie Chris Christie. Ma di eccezioni, appunto si tratta, e anche chi aveva preso le distanze da Trump nei giorni successivi al 6 gennaio 2020 ora lo difende a spada tratta e denuncia un’indagine “politica” promossa dal dipartimento della Giustizia di Biden, responsabile della nomina del procuratore Smith. Lo fa nella consapevolezza che la base è con l’ex Presidente – recenti sondaggi indicano che il 70% degli elettori repubblicani considerano le indagini come politicamente motivate; e che agire altrimenti esporrebbe il partito a un’accusa, quella di tradimento, dagli effetti elettorali potenzialmente devastanti.
Il Giornale di Brescia, 19 luglio 2023
