Con quest’ultima incriminazione in Georgia si completa il quadro dei processi che attendono Donald Trump. Due indagini, una federale e una statale, si sono concentrate sul disegno eversivo successivo al voto del 2020, quando l’ex Presidente e diversi suoi consiglieri e avvocati cercarono di rovesciarne l’esito e bloccarne la validazione. Una seconda inchiesta federale ha avuto per oggetto i documenti segreti che Trump custodiva illegalmente e si rifiutava di restituire. Un’altra inchiesta statale (quella della procura di Manhattan) lo ha infine incriminato per il pagamento di 130mila dollari a una ex pornostar per comprarne il silenzio su una loro presunta relazione.
Gli Usa e la loro affaticata democrazia entrano così in un territorio sconosciuto: quello di un ex Presidente, e credibile candidato presidenziale, prossimo a dividere il suo tempo tra i comizi elettorali e le aule di tribunali. Quali considerazioni si possono fare, anche alla luce di sondaggi che evidenziano come queste incriminazioni non hanno finora danneggiato la corsa di Trump alla nomination repubblicana? Tre, in estrema sintesi, possono essere offerte.
La prima è, appunto, la patente sofferenza di una democrazia contestata, cigolante e obsoleta in molti dei suoi meccanismi di funzionamento, attraversata da una polarizzazione politica e culturale che ne erode legittimità e forza, e la espone a pratiche e disegni autoritari ed eversivi come quelli che Trump ha cercato di mettere in atto. Una democrazia nella quale vari Stati hanno leggi draconiane che tolgono a vita il diritto di voto a chi ha scontato pene anche lievi, ma che in teoria permette a un condannato per reati gravi – come quelli contestati a Trump – di essere eletto Presidente (vi sarebbe, sulla carta, un passaggio del XIV emendamento del 1868 che interdice l’accesso a cariche elettive a chi abbia partecipato a “un’insurrezione o una ribellione” contro gli Stati Uniti dopo avere giurato fedeltà alla loro costituzione, ma difficilmente è applicabile al caso di Trump) . Una democrazia dove la carica di Procuratore è nella maggior parte dei casi elettiva – quelli di New York e Atlanta che hanno incriminato Trump sono due democratici – e il contesto polarizzato odierno genera in molti un comprensibile rifiuto della legittimità d’indagini le cui matrici appaiono tutte “politiche”. E una democrazia, infine, in cui un Presidente condannato potrebbe in teoria concedersi la grazia.
La seconda considerazione riguarda la natura e il contenuto delle accuse. Che nel caso di questa ultima incriminazione sono decisamente diversi rispetto a quelli avanzati nell’altra indagine sul post-voto 2020, quella federale dello special counsel Jack Smith. Laddove quest’ultimo ha cercato di circoscrivere con estrema precisione le imputazioni di Trump, la procuratrice di Atlanta Fani Williams ha fatto leva sulla legislazione della Georgia per accusare di cospirazione criminale Trump e altri diciotto complici, inclusi l’onnipresente ex sindaco di New York, Rudy Giuliani, e l’ultimo capo di Gabinetto di Trump, Mark Meadows. Il tutto lascia presagire un processo lungo e complesso, i cui tempi mal si conciliano con quelli serrati del prossimo scadenzario elettorale e che potrebbe rendere più debole l’accusa.
E questo ci porta al terzo e ultimo punto ossia al potenziale riproporsi – in forme, peraltro, del tutto inedite – della dialettica e dello scontro tra potere federale e potere statale. Un Trump eletto Presidente, si diceva, potrebbe concedersi la grazia se condannato per i reati federali che gli vengono imputati ovvero, laddove il procedimento non si fosse ancora concluso, chiedere al suo Dipartimento della Giustizia di ritirare le accuse. Non altrettanto può fare però con un’eventuale condanna dello Stato della Georgia o di quello di New York. Nel primo, anzi, il potere di grazia appartiene a un comitato di cinque persone e può essere concesso solo scontati cinque anni di pena. Un Trump eletto Presidente e condannato in Georgia è ipotesi improbabile ma non impossibile. E il semplice immaginarlo, oltre a provocare non poche vertigini, ci dà la cifra della profonda crisi politico-costituzionale in cui si trovano gli Usa oggi.
Il Giornale di Brescia, 17 agosto 2023
