Il primo dibattito delle primarie repubblicane

Qualche brevissima riflessione sul primo dibattito televisivo delle primarie repubblicane tenutosi ieri notte a Milwaukee.

  • Almeno di cataclismi (che la storia delle primarie c’indica possono accadere, intendiamoci) è difficile capire come Trump non possa ottenere la nomination. Secondo tutti (incluso il sottoscritto) uno dei “vincitori” del dibattito, se non il vincitore, è stato il giovane imprenditore Vivek Ramaswamy. Ossia quanto di più radicale, e più prossimo a Trump, queste primarie offrano. Ramaswamy, che è piaciuto perché ha difeso Trump, ha parlato (in modo più articolato, ci mancherebbe, ma estremamente binario) lo stesso linguaggio estremo, ha definito il cambiamento climatico una bufala, si è dichiarato contrario alla prosecuzione degli aiuti all’Ucraina (irridendo il pellegrinaggio di molti politici statunitensi dal “Papa Zelensky”) e, più in generale, ha offerto la sue versione MAGA: un connubio di nazionalismo radicale e anti-politica che pare oggi decisamente egemone tra l’elettorato conservatore (e infatti Ramaswamy cresce nei sondaggi e si avvicina sempre più a DeSantis);
  • L’assenza di Trump, va detto, ha permesso un confronto più civile nel quale si è discusso di contenuti, pur nei tempi assurdamente stretti dei dibattitti di questo tipo (alla fine gli 8 candidati hanno parlato in totale circa 10 minuti ciascuno). Interessante – e corretto – è stato l’attacco della Haley all’irresponsabilità fiscale dei repubblicani quando sui conti pubblici tutti prendevano di mira Biden e i democratici. Su quello e su altro (dall’Ucraina alla Cina all’aborto), l’ex governatrice della South Carolina (e ambasciatrice all’Onu) ha provato a fare “the adult in the room”, ostentando competenza e responsabilità. A me è sembrata efficace – e talora pure giganteggiare nel confronto con gli altri – ma per il momento nei sondaggi non pare proprio decollare (non supera il 3/4%);
  • Trump è stato molto meno presente nella discussione di quanto non si pensasse. E  credo che quello sia indicativo di quanto dominante sia la sua posizione oggi nel partito repubblicano. Ho trovato francamente deludente il candidato anti-trumpiano del mazzo, Chris Christie, efficacemente neutralizzato da Ramaswamy, e forse intimidito da un pubblico molto, molto trumpiano. Alla fine, sei su otto (inclusi Haley e DeSantis) hanno dichiarato che sosterrebbero il candidato Trump anche se fosse condannato in uno dei quattro processi che lo attendono. …
  • I repubblicani paiono avere un tema vincente ed è quello dell’immigrazione e della sicurezza al confine col Messico. Se ne sono sentite di tutti i colori e il sub-testo antimessicano di alcuni commenti era patentemente visibile (DeSantis si è dichiarato addirittura favorevole a inviare forze speciali in Messico…). Ma è chiaro che questo è un tema su cui Biden e i democratici sono vulnerabili;
  • I repubblicani paiono avere invece una patata bollente in mano e questa è l’aborto. Vi sono posizioni di proibizionismo estremo, probabilmente sovra-rappresentate tra chi vota alle primarie, che alcuni candidati (Mike Pence su tutti) rappresentano bene e su cui cercano di capitalizzare elettoralmente, ma che alienano in prospettiva una parte dell’elettorato moderato e galvanizzano quello democratico. Che sia una patente debolezza per i repubblicano lo si è visto bene nel dibattito;
  • DeSantis è un mistero. Zero carisma; zero simpatia; a rincorrere Trump (e ora Ramaswamy). Se aggiungiamo che le guerre culturali e la questione dell’educazione sono state largamente ai margini della discussione, gli è rimasto molto poco in mano se non cavalcare posizioni no-Covid e anti-Fauci che paiono ormai fuori tempo massimo. È da capire, ovviamente, se il paese sia davvero saturo di culture wars, cancel culture e tutto quel che vi ruota attorno – e sarebbe un grosso problema, uno in più, per DeSantis – o se i tratti solo di una pausa;
  • In sintesi: l’unica chance elettorale di sconfiggere Trump è di avere quanto prima un solo avversario a fronteggiare l’ex Presidente. Per il momento si va però in direzione contraria e, anzi, chi emerge – Ramaswamy – è al meglio il bonsai, giovane e più civilizzato, dell’originale…
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Di Mario Del Pero

Professore di Storia Internazionale e di Storia degli Stati Uniti all'Institut d'études politiques - SciencesPo di Parigi

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