I difficili rapporti tra Usa e Israele

“Over the top”: letteralmente “oltre il limite” ossia esagerata e spropositata. Così, qualche giorno fa Joe Biden ha definito l’azione militare israeliana a Gaza. Un giudizio, quello del Presidente, condiviso oggi da una maggioranza dell’opinione pubblica statunitense, che diventa schiacciante tra i soli elettori democratici, 2/3 dei quali ritengono che Israele si stia spingendo ben oltre il limite dell’accettabile.

Netanyahu e il suo governo tirano dritto, minacciando un’ulteriore estensione della guerra. E le tensioni con l’alleato americano si fanno palesi e finanche ostentate, pur non determinando ancora iniziative eclatanti da parte degli Usa e conseguenti pressioni forti su Israele. Per comprendere questo incrinamento della relazione speciale israelo-statunitense è necessario collegare il contingente della crisi apertasi il 7 ottobre 2023 a dinamiche storiche di breve-medio periodo che già prima dell’ultimo attacco di Hamas avevano posto le condizioni per il mutamento del rapporto bilaterale. Dopo il 7 ottobre, l’amministrazione Biden ha probabilmente intravisto l’aprirsi di una finestra di opportunità che avrebbe potuto determinare la fine del controllo di Hamas su Gaza, il forte indebolimento politico di Netanyahu e il riaprirsi di un processo negoziale centrato sulla soluzione dei due stati e da perseguirsi coinvolgendo i più importanti alleati arabi, a partire da Egitto ed Arabia Saudita. Un’equazione complessa e ambiziosa, questa, ma in teoria non necessariamente irrealistica. Il corso della crisi è però finora andato in una direzione ben diversa. La reazione sproporzionata d’Israele ha provocato una catastrofe umanitaria per la quale molti, soprattutto in Medio Oriente, imputano una forte responsabilità alla stessa amministrazione Biden. L’incapacità (o la non volontà) di quest’ultima di contenere e moderare l’azione israeliana ha ulteriormente minato la credibilità degli Usa come broker onesto ed efficace nel conflitto israelo-palestinese. Nel mentre, una parte dell’elettorato democratico ha assunto posizioni vieppiù critiche nei confronti di Biden e Blinken, accusandoli di avallare il massacro a Gaza o di non fare nulla per impedirlo. Tra questi vi sono segmenti – i giovani o la piccola comunità arabo-statunitense – la cui eventuale defezione alle prossime presidenziali rischia addirittura di risultare decisiva (gli arabi americani sono circa lo 0.6-0.7% della popolazione, ma più del 2% in uno stato come il Michigan che sarà quasi certamente cruciale in novembre).

E questo ci porta alla matrice storica delle attuali difficoltà nei rapporti tra Usa e Israele: ai fattori che predatano cioè il 7 ottobre. Negli Usa, l’ampio appoggio bipartisan a Tel Aviv scricchiolava infatti già da tempo. Nelle rilevazioni annuali di Gallup, il sostegno alla causa palestinese è di fatto raddoppiato tra i 2010 e oggi, laddove dal 2021 maggiore è il numero di democratici che simpatizzano più per i palestinesi che per gli israeliani. Pesano in questo mutamento diversi fattori: la radicalizzazione d’Israele, simboleggiata dall’ulteriore svolta a destra dell’ultimo governo Netanyahu; il minor interesse verso le dinamiche mediorientali; la nascita di influenti organizzazioni di ebrei americani critici verso l’azione della tradizionale lobby pro-Israele, l’AIPAC, e il suo legame con il Likud; le differenze generazionali, con i giovani sempre meno catturati dalla retorica della relazione speciale tra la democrazia statunitense e quella israeliana; una polarizzazione politica ed elettorale che erode tutti gli ambiti di convergenza bipartisan. Si è insomma venuto a determinare un contesto dove liberal pro-Israele come Joe Biden appaiono ormai quasi anacronistici. Un contesto che mette ancor più in difficoltà il Presidente e la sua amministrazione e che, in un anno elettorale, li spingono inevitabilmente ad alzare il tono delle critiche verso Israele.

Il Giornale di Brescia, 12 febbraio 2024

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Di Mario Del Pero

Professore di Storia Internazionale e di Storia degli Stati Uniti all'Institut d'études politiques - SciencesPo di Parigi

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