Si chiudono col meraviglioso successo della nostra nazionale femminile di pallavolo queste Olimpiadi di Parigi. Ed è tempo di bilanci, sportivi sì, ma anche politici. Perché i giochi olimpici sono eventi politici: arene – figurate e letterali – della competizione propria delle relazioni internazionali; espressione, a modo loro, di una delle tante forme della governance globale; patriottica (e pacifica) chiamata alle armi per chi vi concorre e, ancor più, per chi i giochi li organizza. Non capiremmo altrimenti l’investimento materiale e ideale del paese ospitante così come di quelli partecipanti. Per il primo, il grande evento sportivo costituisce al tempo stesso una vetrina verso il resto del mondo e un momento di mobilitazione e unità sul piano interno. Per i secondi, e soprattutto per le principali potenze dell’ordine mondiale, il successo sportivo serve per segnalare la propria forza e validare il proprio asserito primato.
L’Unione Sovietica partecipò per la prima volta ai giochi olimpici nel 1952, a Helsinki. Da allora fino alla sua dissoluzione si alternò agli Stati Uniti come primo paese del medagliere olimpico: il bipolarismo geopolitico della Guerra Fredda si rifletteva plasticamente in quello sportivo delle Olimpiadi. Nel corso del XXI secolo la sfida è diventata sempre più tra Usa e Cina, le due superpotenze di oggi, e queste Olimpiadi di Parigi non hanno fatto eccezione, con gli Usa a prevalere nel computo complessivo delle medaglie (o dei punti totali, se si includono anche i piazzamenti) come fu a Tokyo nel 2021, e tutti gli altri nettamente staccati.
È stata però l’organizzazione dell’evento quella che ha attratto il maggior interesse e, almeno in Italia, provocato le più forti controversie, a partire dalla cerimonia di apertura di due settimane fa. Al netto di pregiudizi e simpatie, era lecito nutrire dei dubbi sulla capacità di ben gestire un evento di questa portata in una città tanto splendida quanto complessa e spesso inefficiente, e in un paese lacerato da divisioni politiche, incapace di formare un governo dopo le elezioni di fine giugno-inizio luglio e attraversato da conflitti sociali che negli ultimi anni lo hanno spesso paralizzato. Le polemiche e le critiche non sono mancate, dalle gare di nuoto nella Senna (il costosissimo progetto per ripulirne le acque è stupefacente, ma forse ci si poteva intestardire meno nel voler nuotare lì) ai tanti problemi del villaggio olimpico. E non pochi media e politici nostrani le hanno fatto proprie, utilizzando talora sconcertanti toni antifrancesi o alimentando controversie francamente futili. I conti, anche quelli economici, si faranno sul lungo periodo e raramente la città ospitante i giochi olimpici ha tratto grandi vantaggi (leggendario è il caso delle olimpiadi del 1976, che mandarono quasi in bancarotta Montreal e la obbligarono a un pesante piano quarantennale di rientro dal debito contratto per far fronte a spese andate fuori controllo). Difficile, però, non considerare questi giochi parigini come un successo, per la Francia e per la sua capitale. Che con coraggio e un po’ d’incoscienza ha scelto di trasformare sé stessa – i suoi monumenti, i suoi musei, le sue piazze, le sue strade – nel teatro naturale dell’evento sportivo. In un processo simbiotico tra lo spazio, la competizione e gli attori – gli atleti stessi – che valorizzava ed esaltava ognuno di questi tre magnifici protagonisti. La scherma al Grand Palais, la maratona e il ciclismo nelle strade della città fin su a Montmartre, gli arrivi agli Invalides, il beach volley a Champ de Mars, e tanto tanto altro – con la Torre Eiffel spesso a fare da sfondo – ci hanno consegnato uno spettacolo emozionante come pochi. E hanno fatto vincere a Parigi e la Francia una scommessa non scontata, considerato il rischio altissimo di attentati o anche solo di azioni di boicottaggio quali quelle che a inizio giochi hanno colpito la rete ferroviaria. L’organizzazione delle Olimpiadi, si diceva, è un atto politico, con il quale un soggetto – lo stato ospitante – parla a un doppio pubblico, interno e internazionale, cercandone l’approvazione. I sondaggi ci raccontano di un popolo francese entusiasta per queste Olimpiadi (più dell’80% avrebbe apprezzato anche la controversa cerimonia d’apertura). E stando alle cronache di tutti i principali media internazionali, gran parte del mondo ha condiviso questo entusiasmo e assistito spesso estasiato allo spettacolo straordinario che ci è stato consegnato da Parigi e dai suoi giochi olimpici.
Il Giornale di Brescia, 12 agosto 2024
