Saranno (una volta ancora) le donne a salvare l’America?

Tanti dei dati elettorali che stanno fluendo copiosi sembrano indicare che Trump sia oggi favorito. Pur entro oscillazioni minime, prodotto di una polarizzazione che limita fortemente mobilità di opinioni e di voti potenziali, Trump ha guadagnato 1/2 punti percentuali sia nei sondaggi nazionali sia in quelli dei sette swing states che saranno decisivi (Wisconsin, Michigan, Pennsylvania, North Carolina, Georgia, Arizona e Nevada); la percentuale di elettori repubblicani che stanno votando in anticipo o che hanno richiesto la scheda postale è molto aumentata rispetto al 2020; per quanto i sondaggisti ci promettano quest’anno maggior precisione (ma la promisero pure 4 anni fa), Trump ha sempre “sovra-performato” rispetto ai sondaggi, ottenendo nelle urne un voto di almeno 1.5/2 punti percentuali superiore rispetto alle previsioni; e l’ex Presidente sembra riuscire quest’anno a intercettare pezzi di elettorato che nel 2020 avevano votato democratico, su tutti giovani (under-30) elettori maschi, anche afroamericani.

Computando tutti questi dati, proprio questo ultimo sembra invece dare un po’ di ottimismo a Harris: la frattura di genere negli orientamenti di voto, profonda da tempo, non sembra mai essere stata così marcata come quest’anno, soprattutto nell’elettorato under-30. Le matrici sono plurime e tra i/le giovani pesa tantissimo anche l’influenza molto maggiore, negli ultimi 30/40 anni, del livello d’istruzione sulle possibilità occupazionali e sulle retribuzioni (semplificando molto: tra le donne under-45 vi è un tasso di scolarizzazione, secondario e post-secondario, maggiore rispetto agli uomini e sono quindi le donne che hanno beneficiato di queste dinamiche; non a caso anche tra i giovani sono gli uomini con livelli bassi o medio-bassi d’istruzione quelli che votano a larghissima maggioranza Trump). In tutte le ultime tornate elettorali, il voto femminile è andato nettamente ai democratici: 13 punti in più, 56 a 43, a Obama nel 2008, 11 in più a Obama nel 2012, 13 in più a Clinton nel 2016, 15 in più a Biden nel 2020. E in tutte queste tornate, inclusa quella della larga vittoria di Obama nel 2008, i candidati repubblicani hanno vinto il voto maschile. Incrociando genere e livello d’istruzione, la differenza diventa ancora più acuta: nel 2020, le donne bianche con un titolo di studio post-secondario (‘college degree’) votarono 54 a 45 Biden, quelle senza college degree preferirono Trump 63 a 36. Donne che dal 1980 si registrano e votano di più (nel 2020 il gap di partecipazione elettorale fu di circa 3 punti percentuali; le elettrici furono 10 milioni in più degli elettori). E donne – uno dei pochi dati positivi per Harris – che stanno usando molto di più il voto anticipato rispetto agli uomini, con uno scarto di circa 10 punti percentuali, che cresce in alcuni swing states, Pennsylvania, Michigan e Georgia in particolare

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Di Mario Del Pero

Professore di Storia Internazionale e di Storia degli Stati Uniti all'Institut d'études politiques - SciencesPo di Parigi

2 comments

  1. Buongiorno Dott. Del Pero,

    Le faccio innanzitutto i complimenti per gli articoli che pubblica, a mio parere sempre molto curati ed equilibrati.

    Mi vorrei però soffermare sul titolo di quest’ultimo, in quanto non mi sembra super partes come solito (forse lo sto interpretando male io). In particolare vorrei capire, laddove si parla di “salvare” l’America, se viene inteso con “dovesse vincere una delle due parti, non va bene”. Se ho interpretato bene, non condivido a pieno questo punto di vista, in quanto laddove i cittadini di un paese democratico si esprimono a maggioranza per un partito o un candidato, avranno sicuramente le loro motivazioni (e solo il periodo successivo evidenzierà se la scelta fatta è stata giusta o sbagliata).

    Rinnovo i complimenti per il suo lavoro (apprezzatissimi dal sottoscritto anche i podcast condotti con il Dott. Arcaro sui Presidenti Americani).

    Saluti

    Nicola Forlani

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    1. La ringrazio per il commento e le parole di apprezzamento. Da studioso faccio del mio meglio per capire le tante matrici di processi storici complessi, come quello che ha portato all’ascesa politica di una figura patentemente inadeguata, e in ultimo eversiva, come Trump. E quindi non posso che rimarcare quanto fondamentale sia la sua sconfitta elettorale per “salvare”, appunto, gli Usa e provare a iniziare a guarire un corpo, quello della democrazia americana, chiaramente in sofferenza

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