Il Covid, le elezioni del 2020 e la crisi della democrazia statunitense

Molteplici studi confermano quello che a molti di noi apparve intuitivo l’anno scorso: senza il Covid difficilmente Trump non avrebbe vinto le elezioni e ottenuto un secondo mandato presidenziale. Alcuni (https://link.springer.com/article/10.1007/s00148-020-00820-3) arrivano a sostenere che sarebbe bastato un 5% in meno di casi di Covid negli Usa per garantire a Trump la rielezione. Altri – in una certa misura più convincenti – offrono percentuali diverse, ma giungono a conclusioni simili (https://www.piie.com/publications/working-papers/covid-19-and-2020-us-presidential-election-did-pandemic-cost-donald e https://onlinelibrary.wiley.com/doi/full/10.1111/ssqu.12992?casa_token=rVSRCtdTTREAAAAA%3AdKYwX1SAE1CoWRRCP-FJPBrfFTVk-uSQgzDbRqLqgoqs5zmsd-KADMva-GQassyl9ufU54aO0HpJ ). Anche chi critica questa correlazione rigida (https://papers.ssrn.com/sol3/papers.cfm?abstract_id=3774663) ritiene però che l’emergenza sanitaria abbia finito per accentuare quella che era, ed è ancor più oggi, una evidente debolezza di Trump e dei repubblicani, ossia la loro ostilità a Obamacare e all’estensione di Medicaid (e da ultimi sondaggi, la riforma di Obama ottiene oggi un larghissimo sostegno nel paese, 53 a 35 secondo le rilevazioni del KFF: https://www.kff.org/interactive/kff-health-tracking-poll-the-publics-views-on-the-aca/#?response=Favorable–Unfavorable&aRange=twoYear).

E d’altronde tutti i sondaggi indicavano un forte aumento dell’impopolarità (già elevata) di Trump legata al Covid, con un tasso di approvazione del suo operato che tra maggio e luglio 2020, in concomitanza col primo picco della pandemia, scendeva dal 45 al 40%. L’impatto elettorale di tutto ciò è stato determinato da una serie di evidenti concause:

Ci sarebbero mille riflessioni da fare su tutto ciò, ma la più banale ed evidente – di nuovo sottolineata da molti di noi subito a ridosso del voto e che tanto spiega di quanto avvenuto negli ultimi mesi, a partire dal rifiuto repubblicano di votare l’impeachment di Trump – è che Donald Trump rimane candidato fortissimo e figura di gran lungo dominante tra i repubblicani. Quello, i crudi numeri, una carta elettorale strutturalmente svantaggiosa per i democratici, le loro divisioni (così grottescamente in evidenza nella discussione sul bilancio che si sta svolgendo in questi giorni e dalla quale loro e Biden escono malissimo), la modifica delle procedure elettorali in molti stati: tutto questo rende più che plausibile oggi una riconquista repubblicana del Senato e (ancor più) della Camera nel 2022 e una vittoria di Trump nel 2024. Scenario molto futuribile, questo secondo, che tantissimo può acadere in tre anni ci mancherebbe, ma scenario da far tremare i polsi per il futuro della democrazia statunitense come il buon Kagan ci ha ricordato qualche giorno fa in un commento sulla crisi democratica e costituzionale statunitense con il quale davvero si fatica a essere in disaccordo (https://www.washingtonpost.com/opinions/2021/09/23/robert-kagan-constitutional-crisis/), e lo dice uno che con Kagan in accordo non crede di esservi mai stato

Di Mario Del Pero

Professore di Storia Internazionale e di Storia degli Stati Uniti all'Institut d'études politiques - SciencesPo di Parigi

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