Si può, anzi si deve, criticare tanti grotteschi eccessi della wokeness senza cadere nelle caricature. E magari provare a contestualizzarli e storicizzarli. Per capire a cosa conseguono e reagiscono (e, negli eccessi, perché finiscano spesso scioccamente per fare il gioco della controparte). E per non dimenticare che le guerre, anche quelle, “culturali” non le fa mai una parte sola. Che quelle statunitensi, di culture wars, non sono certo nate con Trump o con Obama (per un’utile sintesi si veda ad esempio https://press.uchicago.edu/…/chicago/W/bo37161499.html). Che per un bacio non consensuale di Biancaneve o qualche cretineria assortita su Melville (e per le mille bufale sui curricula di Princeton o di Howard) vi è un governatore, come Abbot in Texas, che di fatto impedisce a un museo di storia di Austin (https://www.texastribune.org/…/texas-forget-the-alamo…/) di presentare un libro che nell’offrire un’interpretazione banale, e per gli storici ampiamente nota e acquisita, di cosa sia stata Alamo mette in discussione una narrazione patriottica nella quale schiavitù e razza non trovano ovviamente posto. Che i manuali in uso in tanti distretti scolastici degli Usa offrono una storia della nazione statunitense che manco quelli regi sabaudi nei primi decenni post-unitari (https://www.historians.org/…/texas-revises-history…). Che il “1619 Project” del Times avrà pure mille limiti e problemi sui quali peraltro gli storici discutono e si confrontano (https://academic.oup.com/ahr/article/125/1/xv/5714757), ma le risposte sono poi la grottesca commissione 1776 di Trump (https://trumpwhitehouse.archives.gov/…/1776-commission…/) o il “1836 Project” del solito Abbot, con cui promuovere “un’educazione patriottica” che celebra l’eccezionalismo texano (https://www.texastribune.org/2021/06/09/texas-1836-project/).Che la campagna repubblicana in Virginia – per alcuni nostri media e commentatori addirittura un modello di rigetto degli eccessi woke del politically correct – invocando il diritto parentale ad avere voce in capitolo sui curricula scolastici è giunta a chiedere si rimovesse Tony Morrison e il suo “Beloved” dalla lista delle letture di un corso avanzato di inglese al liceo (qui la mamma del “ragazzino”, allora 19enne, che spiega il trauma di quella lettura per il povero figlio…: https://www.washingtonpost.com/…/reading-beloved-high…/).