Verso il 2022

Si archivia un 2021 la cui straordinaria drammaticità – scandita dall’impressionante numero di morti quotidiani provocati dal Covid – è stata progressivamente ovattata dall’assefuazione collettiva a uno di stato di eccezione semplicemente inimmaginabile due anni fa. Se lo osserviamo con il prisma della politica internazionale, e dal nostro specifico punto d’osservazione, questo 2021 ci mostra tre grandi questioni, strettamente interrelate,  che al di là di crisi contingenti e imprevedibili sono destinate a segnare anche l’anno che si apre. La prima, così plasticamente disvelata dal Covid, è lo scarto tra la profondità dei processi d’integrazione globale – inclusi quelli pandemici – e le forme parziali e insufficienti di loro gestione e regolamentazione: di una governance mondiale lacunosa e in parte delegittimata. La seconda è la debolezza e il disimpegno del soggetto, gli Usa, in teoria ancora egemone, ma sempre meno in grado di esercitare con efficacia questa sua egemonia, vuoi perché apertamente sfidato da altri, la Cina su tutti, vuoi perché colpito da una crisi politica e sociale che ne erode la capacità di condurre una politica estera incisiva e coerente. La terza è la fatica della democrazia, contestata tanto sul piano interno – da opinioni pubbliche insicure e spaventate – quanto su quello internazionale, da modelli autoritari che ambiscono a rappresentarsi come maggiormente in grado di preservare la propria sovranità e garantire la sicurezza primaria dei loro cittadini.

Il 2021 è stato contraddistinto dal tentativo di tutti i soggetti dell’ordine internazionale, a partire appunto dagli Stati Uniti, di confrontarsi con il combinato disposto provocato dall’intreccio di queste tre grande questioni. Sforzi sono stati fatti per coordinare in modo più efficace la risposta globale alla crisi sanitaria (si pensi solo all’ultimo G20 romano dell’ottobre scorso), per creare un grande concerto di democrazie, per promuovere politiche espansive di sostegno alla ripresa e di ampliamento del welfare e della protezione sociale. Nel 2022 si andrà presumibilmente nella stessa direzione, anche perché entreranno nella fase pienamente attuativa programmi straordinariamente ambiziosi (e onerosi), dai piani di ripresa nazionale finanziati dall’Unione Europea a quelli infrastrutturali dell’amministrazione Biden, per citarne solo due tra i tanti.

E però i cortocircuiti e le contraddizioni sono molti e probabilmente ineludibili. Non solo e non tanto perchè sono emersi problemi nuovi e in parte inattesi, dall’inflazione all’esplosione dei costi dell’energia ai mille colli di bottiglia di catene transnazionali di produzione e distribuzione pesantemente ingolfatesi durante i vari lockdown pandemici. A monte agisce una tensione di fondo che l’emergenza sanitaria globale ha disvelato ma non causato. È quella provocata da una globalizzazione non governata, che erodendo la sovranità degli Stati limita la possibilità d’azione politica dentro quello spazio politico nazionale in cui, laddove ancora esiste, si esaurisce il momento democratico. E però la risposta ‘sovranista’, oltre a essere sovente impraticabile e tendenzialmente autoritaria, ostacola quelle politiche collettive e multilaterali che sole possono ambire a dare risposta alle grandi sfide di un ordine globale altamente integrato, dal cambiamento climatico alla salute.

È la stridente contraddizione dell’oggi, questa. Dove in nome della democrazia (nazionale) si giustificano demagogiche regressioni anti-democratiche o unilateralismi che indeboliscono ancor più istituzioni internazionali di loro già fragili e contestate. Dove il soggetto ancora detentore di un indiscusso primato militare ed economico – gli Stati Uniti – è sempre più piegato su se stesso, in balia di una sconcertante disfunzionalità politica e di una patente crisi democratica e costituzionale. E dove nessun attore appare in grado di surrogare il deficit dell’egemonia consensuale statunitense per aggiornare, rilanciare ed espandere strutture e strumenti della governance mondiale. Su questi vuoti e su queste contraddizioni si apre il 2022. Con mille fronti potenziali di crisi – dall’energia all’inflazione, da Taiwan all’Ucraina – che su tali vuoti e contraddizioni rischiano davvero di andare fuori controllo.

Il Giornale di Brescia, 31 dicembre 2021

Di Mario Del Pero

Professore di Storia Internazionale e di Storia degli Stati Uniti all'Institut d'études politiques - SciencesPo di Parigi

Lascia un commento