Le “affinità” di Jared Kushner

Jared Kushner, il genero di Trump, ha deciso di mettere in piedi la sua bella equity firm: “Affinity Partners” è il nome emblematico della società la cui missione è definita in termini piuttosto vaghi ovvero, come altre società analoghe (la Kissinger Associates viene subito in mente), ha la sua risorsa fondamentale nella possibilità di mettere sul tavolo la sua rete di contatti e relazioni (in un documento confidential pubblicato da The Intercept si fa esplicito riferimento ai legami maturati da Kushner durante gli anni di Presidenza Trump come risorsa che Affinity può offrire a investitori e gruppi economici).

Col suocero alla Casa Bianca, Kushner – che fino allora non si era distinto per particolare acume imprenditoriale e il cui padre Charles aveva fatto due anni di galera per evasione fiscale, donazioni elettorali illegali e inquinamento di prove – si vide delegati dossier importantissimi di politica estera e interna, dalla riforma penale alla gestione del Covid ai negoziati in Medio Oriente che portarono ai famosi accordi di Abramo. Fu, in altre parole, potentissimo consigliere speciale del Presidente come raramente ve ne sono stati nella storia.

Opportunità vorrebbe che facesse passare un po’ di tempo prima di capitalizzare su questa esperienza. Ma da questo punto di vista la corruzione della democrazia statunitense – prodotto di porte, quelle tra pubblico e privato, fattesi sempre più girevoli e meno regolamentate – è fenomeno da tempo bipartisan e fuori controllo (chiedere a Hunter Biden e in una certa misura agli stessi Clinton). Fa, quello sì, un po’ sorridere che si tratti del genero/consigliere del Presidente demagogo e anti-establishment che tuonava contro la palude washingtoniana, ma solo degli allocchi potevano davvero credere a quel messaggio o a Trump presidente della “working class” che promuoveva in realtà fiscalità regressiva, tagliava sanità o portava questa corruzione pubblica e questo surreale familismo a livelli mai visti (nel mezzo di guerre commerciali e acuta sinofobia precedenti, la figlia di Trump, moglie di Jared, anch’essa consigliere speciale del padre, otteneva percorsi accelerati per registrare più di 40 marchi commerciali in Cina…).

E però, anche per gli standard di questa democrazia corrotta che i quattro anni di Trump hanno sublimato ma non provocato, la vicenda di Affinity appare straordinaria. Kushner punta a raccogliere 7 miliardi di dollari per questa sua intrapresa. Cifra astronomica e forse irrealistica. Al momento ne ha però già 2.5, che vengono per la gran parte da chi se non dal fondo sovrano saudita? Una decisione, ci dice il Times, imposta dal principe bin Salman e contro la quale i revisori del fondo si erano espressi criticamente, citando l’inesperienza del management di Affinity, una due diligence sulle operazioni della società “insoddisfacente in tutti i suoi aspetti”, e i rischi legati proprio ai tanti potenziali conflitti d’interesse. Conflitti d’interesse che sono talmente visibili, sfacciati verrebbe voglia di dire, da lasciare senza fiato

Di Mario Del Pero

Professore di Storia Internazionale e di Storia degli Stati Uniti all'Institut d'études politiques - SciencesPo di Parigi

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