La commissione d’inchiesta della Camera dei Rappresentanti sull’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021 ha terminato le sue audizioni precedenti la pausa estiva. È probabile, ancorché non certo, che altre ne seguiranno in autunno prima che essa produca il suo rapporto finale. Nel mentre uno dei più influenti consiglieri di Trump, Steve Bannon, è stato condannato da un tribunale federale per il reato di oltraggio del Congresso, conseguente alla sua decisione di rifiutare di deporre di fronte alla Commissione e di non metterle a disposizione la documentazione richiesta.
Cosa ci dicono le otto audizioni tenutesi finora e questa condanna di Bannon?
Quattro sono le indicazioni politiche e legali. La prima riguarda il disegno eversivo messo in atto da Trump, culminato poi nelle violenze del 6 gennaio. Disegno i cui contorni erano già più o meno chiari, ma che il lavoro della commissione, le tante testimonianze e i documenti raccolti hanno delineato con grande, e per molti aspetti scioccante, precisione. Dalle pressioni sulle autorità statali di Arizona, Georgia e Michigan per modificare la composizione delle delegazioni dei grandi elettori ai disegni, radicali e bislacchi, per trasformare l’esito del voto, le settimane precedenti la certificazione finale del 6 gennaio furono contraddistinte da un tentativo patente di golpe, che il Presidente sollecitò e sostenne senza tentennamenti. Così come Trump appoggiò, e di fatto aizzò, la manifestazione del 6 gennaio, pur consapevole del rischio altissimo di una sua degenerazione violenta e del fatto che molti dei partecipanti fossero armati. L’ultima audizione si è concentrata proprio su quelle tre ore e sette minuti duranti le quali, con il Congresso assaltato e la possibilità che vi fossero vittime tra le più alte cariche dello Stato, Trump rimase silente nonostante le reiterate richieste d’intervenire, anche da parte della figlia Ivanka, per chiedere ai dimostranti di ritirarsi. “Dereliction of duty” – letteralmente “inosservanza dei propri doveri” – è il reato che qui s’imputa a Trump e che presumibilmente la Commissione chiederà al dipartimento di Giustizia di considerare per incriminare l’ex Presidente.
La seconda indicazione è che la follia di quei due mesi indusse molti lealisti trumpiani, a partire dal ministro della Giustizia William Barr, a prendere le distanze da Trump. La storia delineata finora dalla Commissione d’Inchiesta è infatti quella di un Presidente sempre più isolato, capace di trovare qualche residuo appoggio solo tra figure marginali ed estreme, dentro e fuori l’amministrazione. Un Presidente che – per inclinazione o scelta, inconsapevolmente o meno – continuò a credere alla “grande bugia” di frodi elettorali smentite da mille verifiche e riconteggi.
Non sappiamo se l’eversione trumpiana porterà infine a delle incriminazioni (oltre alla “dereliction of duty”, la Commissione ha invocato l’“ostruzione di un procedimento del Congresso” e la “cospirazione per frodare il popolo americano”). Il Ministro della Giustizia Merrick Garland si sta movendo con grande cautela – troppa secondo numerosi critici democratici – consapevole che incriminare un ex Presidente e probabile futuro candidato porta su un terreno privo di precedenti e straordinariamente pericoloso. Sembra però che Trump sia stato indebolito politicamente da questa indagine. È questa la terza indicazione. La percentuale di elettori repubblicani che crede alla “grande bugia” rimane molto alta, ma i sondaggi ci dicono che la presa di Trump su questo elettorato potrebbe essersi fatta più tenue, laddove molti indipendenti osservano inorriditi le rivelazioni della Commissione.
E questo ci porta alla quarta e ultima indicazione, che coinvolge appunto la condanna di Bannon. Che ha deciso in pratica di non difendersi e che ora attende una sentenza che andrà da un minimo di 30 giorni di prigione al massimo di un anno. Assieme a tanti manifestanti già arrestati e condannati per vari reati relativi al 6 gennaio, Bannon è uno dei primi “martiri” di un’indagine che Trump ha reiteratamente denunciato come esclusivamente politica (dimensione, questa, ovviamente centrale nella composizione e nel modus operandi della Commissione). Ed è evidente come la retorica del martirio sarà centrale in una contro-narrazione – quella di Trump e di Bannon – che cercherà in tutti i modi di contestare e screditare quella finora costruita dalla Commissione congressuale.
Il Giornale di Brescia, 26 luglio 2022